Elezioni Europee 2014

13 agosto 2008

Iustitia


“Virtù eminentemente sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge” recita l’enciclopedia Treccani alla voce Giustizia.
Termine evidentemente difficile da realizzare in un paese dove un ergastolano condannato per un duplice omicidio mafioso e per altri reati minori viene definito un eroe dal presidente del consiglio, dove uno dei principali partiti politici degli ultimi 14 anni è stato fondato da signori condannati tra l’altro per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. In quello stesso paese in cui siedono in parlamento ben 18 condannati definitivi, in cui chi proclama l’indipendenza di alcune regioni, crea un assise politica secessionista, minaccia la guerriglia e dedica il dito medio all’inno nazionale diviene ministro in buona compagnia di chi in quanto ad accoglienza degli immigrati la pensa “che tornino nel deserto a parlare con i cammelli o nella giungla con le scimmie, ma a casa nostra si fa come si dice a casa nostra!” e che non è certo più composto quando si esprime in tema di diritti degli omosessuali: “se non si fosse ancora capito essere culattoni è un peccato capitale e chi vota una legge a favore dei Di.Co. finirà nelle fiamme del più profondo dell´inferno”.
E’ fin troppo facile pescare altri esempi non proprio rispecchianti una società imperniata sul concetto di giustizia ma trovo molto più utile e meno stomachevole riflettere su “qualche idea per” rendere la giustizia veloce e la pena certa.
A dispetto del proposito chimerico, vorrei iniziare in modo molto concreto e razionale, convinto che poco si possa fare senza preventivare una spesa economica necessaria a realizzarlo. E quindi andrei innanzitutto a ricercare i modi per ottenere i fondi necessari.
Uno di questi potrebbe essere l’eliminazione delle province e delle comunità montane. Prendendo spunto dai dati della stessa Unione delle Province Italiane, il 73% dei bilanci se ne va in spese correnti e soltanto il 27% in investimenti. Tradotto in soldoni: 3/4 dei soldi servono al mantenimento delle stesse province, e solo 1/4 vengono utilizzati per il cittadino (sul come poi, è tutto un altro discorso). Il costo complessivo delle 107 province ammonta a 115 miliardi di euro. Insomma, più o meno, un miliardo di euro l'una.
Le Comunità Montane: sono 356, e costano allo Stato 190 milioni di euro all’anno.
Ancora più utile sarebbe riformare la giustizia tributaria, innanzitutto obbligandola a rispettare le regole che ci sono già (ma che proprio perché riguardano una materia così stomachevole per gli italiani come il conflitto di interessi, rispettate non lo sono). Oggi nel 57% delle sentenze ad uscire sconfitto è l’erario, invece avere delle commissioni tributarie funzionanti permetterebbe di recuperare tutti quei contenziosi oggi chiusi nei cassetti e il cui valore è stimato in oltre 5.000 milioni di euro.
Magari bisognerebbe recuperare anche i 44 miliardi accertati agli evasori e di cui nel 2007 l’amministrazione finanziaria è riuscita a riscuotere solo il 7%.
E’ evidente come l’entità delle risorse recuperabili sia tale da garantire non solo un loro impiego per una giustizia pienamente funzionante ma anche per la risoluzione di altri problemi che affliggono la nostra penisola. Anche perché gran parte delle misure che ho in mente non richiedono alle casse pubbliche una spesa.
Come per esempio quella fondamentale dell’interruzione della prescrizione col rinvio a giudizio. Fondamentale perché moralmente doverosa, infatti uno stato di diritto che si ritiene tale non può, per ragioni di tempo, rinunciare a difendere i propri cittadini garantendo che la legge sia rispettata e che nel caso ciò non avvenga vi siano delle conseguenze inevitabili.
Fondamentale anche perché strutturalmente necessaria dato che permetterebbe una considerevole velocizzazione dei processi tanto più economicamente svantaggiosi all’imputato che sa di dover arrivare comunque ad una decisione nel merito quanto più lunghi. In sostanza sarà la stessa attuazione della misura a rispondere alla critica che le si muove, ossia il pericolo che tra la commissione del reato e la comminazione della sanzione trascorra troppo tempo.
Altrettanta attenzione merita il tema delle misure alternative man mano accresciute di numero negli anni e rese più facilmente fruibili ai condannati sulla base di quello che io non riesco a non vedere come una sconfitta dello stato, una contraddizione, un atteggiamento rinunciatario: il carcere è un ambiente criminogeno, evitiamolo anche ai condannati per quanto è possibile.
Mi sa tanto di “la volpe che non arriva all’uva dice che è acerba”. Il carcere è un ambiente criminogeno perché le nostre strutture sono sovraffollate e soprattutto perché l’attuazione del comma terzo dell’art. 27 Cost. è a livelli ridicoli.
Invece di continuare a inventarsi dei modi per rendere gli indici edittali una presa in giro per chi li legge bisognerebbe assumere altro personale penitenziario e costruire nuove carceri in modo da rendere le stesse un ambiente molto meno criminogeno e molto più rieducativo. A bilanciare poi quel residuo ineliminabile di fattore di devianza vi sarebbe (laddove tutte queste misure venissero applicate) la consapevolezza della certezza della pena che fungerebbe da forte deterrente.
Trovo inoltre profondamente ingiustificata l’esistenza delle attenuanti generiche e ancor più l’invisa prassi che le vuole sempre e comunque concesse a tutti, tra l’altro così sottraendogli ogni funzione.
A mio avviso la possibilità di concedere le attenuanti generiche va eliminata perché rappresenta una delle maggiori fautrici del distacco tra la pena che la vittima del reato e l’opinione pubblica in generale si aspettano e quella inflitta, discrasia che aumenta quel sentimento di sfiducia verso il potere giudiziario.
Continuo a chiedermi se gli elettori dell’attuale maggioranza nell’applaudire i politici di riferimento ogni qual volta in campagna elettorale si menzionava la sicurezza come tratto portante della futura azione di governo si immaginavano anche questo, piuttosto che un disegno di legge che distrugge lo strumento investigativo più efficace, piuttosto che l’ideazione del ricatto antidemocratico che da una parte aveva la sospensione di 100 mila processi e dall’altra la negazione del principio di uguaglianza, piuttosto che i 3,5 miliardi di euro di tagli alle forze dell’ordine appena decisi dalla manovra economica triennale (capaci di far sfilare a Roma contro il governo per la prima volta lo scorso 17 luglio tutti e 23 i sindacati del settore).

Pierpaolo Indino
(Area Giustizia IdV Ferrara)

09 agosto 2008

Aumentano i bambini malati di cancro



Riceviamo e pubblichiamo volentieri la seguente lettera a firma di un gruppo di medici.

I.D.V. Ferrara




Gentile Direttore,
vorremmo invitare Lei e tutti i suoi lettori ad un attimo di riflessione su questa frase: “la deliberata spietatezza con la quale la popolazione operaia è stata usata per aumentare la produzione di beni di consumo e dei profitti che ne derivano si è ora estesa su tutta la popolazione del pianeta, coinvolgendone la componente più fragile che sono i bambini, sia con l’ esposizione diretta alla pletora di cancerogeni, mutageni e sostanze tossiche presenti nell’ acqua, aria, suolo, cibo, sia con le conseguenze della sistematica e accanita distruzione del nostro habitat”.
Queste parole, che concludono un articolo sui rischi attribuibili ad agenti chimici scritto dal professor Lorenzo Tomatis* nel 1987, ci sono tornate alla mente come una lucida profezia davanti agli ultimi, recentissimi dati sull’incidenza di cancro nell’ infanzia in Italia pubblicati dall’Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTUM: I tumori infantili Rapporto 2008).
Se già i dati pubblicati da Lancet nel 2004, che mostravano un incremento dell’ 1.1% dei tumori infantili negli ultimi 30 anni in Europa, apparivano preoccupanti, quelli che riguardano il nostro paese, riferiti agli anni 1998-2002 ci lasciano sgomenti. I tassi di incidenza per tutti i tumori nel loro complesso sono mediamente aumentati del 2% all’anno, passando da 146.9 nuovi casi all’anno (ogni milione di bambini) nel periodo 1988-92 a ben 176 nuovi malati nel periodo 1998-2002. Ciò significa che in media, nell’ultimo quinquennio, in ogni milione di bambini in Italia ci sono stati 30 nuovi casi in più. La crescita è statisticamente significativa per tutti i gruppi di età e per entrambi i sessi. In particolare tra i bambini sotto l’anno di età l’ incremento è addirittura del 3.2% annuo.
Tali tassi di incidenza in Italia sono nettamente più elevati di quelli riscontrati in Germania (141 casi 1987-2004), Francia ( 138 casi 1990-98), Svizzera ( 141 casi 1995-2004). Il cambiamento percentuale annuo risulta più alto nel nostro paese che in Europa sia per tutti i tumori (+2% vs 1.1%), che per la maggior parte delle principali tipologie di tumore; addirittura per i linfomi l’incremento è del 4.6% annuo vs un incremento in Europa dello 0.9%, per le leucemie dell’ 1.6% vs un + 0.6% e così via.
Tutto questo mentre si vanno accumulando ricerche che mostrano con sempre maggiore evidenza come sia cruciale il momento dello sviluppo fetale non solo per il rischio di cancro, ma per condizionare quello che sarà lo stato di salute complessivo nella vita adulta.
Come interpretare questi dati e che insegnamento trarne?
Personalmente non ne siamo affatto stupiti e ci saremmo meravigliati del contrario: i tumori nell’ infanzia e gli incidenti sul lavoro, di cui ogni giorno le cronache ci parlano, unitamente alle malattie professionali, ampiamente sottostimate in Italia, sono due facce di una stessa medaglia, ovvero le logiche, inevitabili conseguenze di uno “sviluppo” industriale per gran parte dissennato, radicatosi in un sistema di corruzione e malaffare generalizzato che affligge ormai cronicamente il nostro paese.
Potremmo, sintetizzando, affermare che lo stato di salute di una popolazione è inversamente proporzionale al livello di corruzione e quanto più questo è elevato tanto più le conseguenze si riversano sulle sue componenti più fragili, in primis l’infanzia, come Tomatis già oltre 20 anni fa anticipava.
Le sostanze tossiche e nocive non sono meno pericolose una volta uscite dalle fabbriche o dai luoghi di produzione e la ricerca esasperata del profitto e dello sviluppo industriale – a scapito della qualità di vita -, non può che avere queste tragiche conseguenze.

Dott.ssa Patrizia Gentilini
Dott.ssa Francesca Cigala Fulgosi
Dottssa. Liliana Pittini
Dott. Giancarlo Rasconi
Dott. Valerio Vicentini


*Lorenzo Tomatis (1929-2007), è stato un medico oncologo di fama internazionale, ha diretto l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lione (IARC), ha posto le basi scientifiche e metodologiche per l’identificazione e la classificazione dei cancerogeni umani. Si è sempre strenuamente battuto per la Prevenzione Primaria e la difesa della Salute Pubblica ed è stato anche un grande scrittore, ricordiamo in particolare Il Fuoriuscito e L’ombra del dubbio, quest’ultimo uscito postumo (ed. Sironi).

-------
Per approfondimenti:

http://it.wikipedia.org/wiki/Lorenzo_Tomatis

http://www.epidemiologiaeprevenzione.it/index_1.html

http://www.highbeam.com/Search.aspx?q=lorenzo+tomatis

http://lib.bioinfo.pl/find?field=Papers&query=lorenzo+tomatis

http://www.greenpeace.org/italy/campagne/inquinamento/rifiuti/inceneritori/tomatis