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26 ottobre 2007

Scandali (già) dimenticati: SISMI-CSM, Telecom-SISMI, Scaramella-Mitrokhin


di Pierpaolo Indino
(Giovani dell'Italia dei Valori di Ferrara)

Lo scorso 3 luglio 2007 gli italiani cominciano ad apprendere da TV, giornali e internet della scoperta di un nuovo scandalo politico-istituzionale, di un ennesimo scandalo che segue quelli che negli ultimi mesi hanno ulteriormente scalfito la già vacillante credibilità della nostra politica e delle nostre istituzioni.
Come anche nei casi precedenti le notizie arrivano una dopo l’altra, frammentate, confuse tanto da non rendere l’idea della gravità dei fatti riportati. Il giorno dopo la situazione è più chiara: nell’ambito dell’inchiesta Telecom è avvenuto, in via Nazionale a Roma, il ritrovamento di un importante archivio. Si apre un inchiesta parallela alla prima in cui è indagato Pollari insieme all'ex funzionario del Sismi Pio Pompa per peculato e violazione della corrispondenza elettronica.
Ma andiamo per ordine: il 3 luglio Pio Pompa si presenta davanti ai pm di Roma che lo indagano insieme con l'ex direttore del servizio Nicolò Pollari per rendere delle dichiarazioni spontanee con l’evidente finalità di sminuire la vicenda.
L’indomani però, a pronunciarsi in risposta al funzionario del Sismi è proprio l’organo di autogoverno della Magistratura. Per il Csm, l'opera di intelligence nei confronti delle toghe “si è concretizzata non solo nella raccolta e nella schedatura di materiali noti o comunque pubblici, ma anche in un capillare monitoraggio delle attività dei movimenti e della corrispondenza informatica di magistrati, mediante forme di osservazione diretta o a opera di terzi non individuati”. Non solo. Il documento del Csm sottolinea: “sono stati posti in essere dal Sismi specifici interventi tesi a ostacolare e contrastare l'attività professionale o politico culturale dei magistrati e delle loro associazioni”. In particolare, scrive al riguardo il relatore della risoluzione, Fabio Roia, l'attività di intelligence da parte del Sismi – “che si è protratta in modo capillare e continuativo, fino al settembre 2003 e in modo saltuario fino al maggio 2006 fu oggetto di ripetute informazioni al direttore del servizio e sembra quindi riferibile al Sismi in quanto tale e non a suoi settori deviati come conferma del resto nella memoria depositata alla procura di Milano il 7 luglio del 2006 il coordinatore di questa attività, Pio Pompa”. Infine, a preoccupare il Consiglio superiore della magistratura è anche il fatto che l'opera di intelligence nei confronti di magistrati “si è talora svolta con la partecipazione o l'ausilio di appartenenti all'ordine giudiziario”. Da quanto emerge dalla risoluzione, quasi l'intera procura di Milano è citata nell'archivio segreto di via Nazionale. I nomi di alcuni magistrati compaiono in elenchi; mentre per altri ci sono schede che danno conto sopratutto dei rapporti intrattenuti con autorità politiche: è il caso di dei pm milanesi Armando Spataro e Stefano Dambruoso e di Domenico Gallo.
Spiati anche magistrati di Torino, Roma e Palermo. Una scheda è dedicata a Emmanuel Barbe, magistrato francese di collegamento presso il ministero della Giustizia. Si parla tra l'altro dei suoi legami con Violante, Di Pietro, Caselli, Bruti Liberati e Ignazio Patrone, allora presidente di Medel e segretario di Magistratura democratica. A quanto riferisce l'Ansa, ai magistrati delle sedi giudiziarie di Milano, Torino, Roma e Napoli si fa riferimento in appunti risalenti alla primavera-estate del 2001 riguardanti un “progetto di osservazione e intervento del Sismi su settori della magistratura definiti portatori di pensieri e strategie destabilizzanti e vicini ai partiti della passata maggioranza”. L'obiettivo era la “neutralizzazione di iniziative politico-giudiziarie , riferite direttamente a esponenti dell'attuale maggioranza di governo e di loro familiari (anche attraverso l'adozione di provvedimenti traumatici su singoli soggetti)”. La gran parte dei nomi dei pm milanesi (alcuni sono ancora in procura mentre altri c'erano all'epoca delle informative) compaiono in elenchi e schede di magistrati qualificati come “aree di sensibilità da sottoporre a osservazione e interventi di contrasto e dissuasione”.
I consiglieri del Csm citati sono soprattutto delle passate consiliature ( dell'attuale sono solo due Cesqui e Pepino, mentre tra i "vecchi" c'è l'attuale capo dell'Organizzazione giudiziaria di via Arenula Claudio Castelli)e la gran parte di loro è oggetto di attenzione per la loro appartenenza alla corrente di Magistratura democratica e a all'associazione europea di magistrati Medel (a cui Md aderisce) e che viene definita “il deus ex machina del movimento internazionale dei magistrati militanti”. Su Medel ci sono elenchi di tutte le organizzazioni e dei singoli magistrati che ne fanno parte: il più ricco del 2001 comprende 203 magistrati con relativi indirizzi di posta elettronica di 12 Paesi. Ma c'è anche un monitoraggio capillare delle attività e dei contatti e dei documenti dell'organizzazione, che avviene - sottolinea la risoluzione del Csm - “anche attraverso l'analisi dettagliata dei messaggi di posta elettronica diffusi nella lista (di carattere interno) dell'associazione”. Secondo il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro i rilievi del Csm nei confronti del Sismi dimostrano che “la magistratura viene messa sotto scacco dai poteri forti”.
Come scrive Marco Travaglio nell’articolo “Sismi-Telecom colpo doppio” inoltre, l'episodio più grave tra quelli finora emersi grazie alla scoperta dell’archivio segreto, è quello rivelato l’8 luglio scorso da Francesco Grignetti su la Stampa: il falso dossier di Pompa per screditare l'allora capo del Sismi, ammiraglio Gianfranco Battelli, poi sostituito dall'amico Nicolò Pollari. Un caso che fa il paio con quello gemello avvenuto in casa Telecom negli stessi giorni dell'estate 2001: la prima estate del secondo governo Berlusconi. Anche lì si trattava di epurare la vecchia guardia per rimpiazzarla con la “banda Tavaroli”, gemellata col Sismi tramite Marco Mancini. E anche lì non si esitò a ricorrere al falso per agevolare il cambio della guardia: una finta microspia nell'auto dell'amministratore delegato Enrico Bondi screditò i vecchi 007, prontamente rimpiazzati dagli uomini di Tavaroli.
Nell'agosto 2001 ( si è da poco concluso il “famoso” G8 ) Pompa produce «report» e, in una bozza di uno di quest’ultimi, fa nome e cognome di Battelli affermando che l'allora capo del Sismi avrebbe addirittura «costituito una ristretta task force con il compito di produrre le prove circa la presenza di estremisti di destra negli incidenti di Genova». In pratica l'ammiraglio infedele starebbe trescando con l'ex maggioranza ulivista per sabotare il governo di centrodestra fabbricando una pista nera (Forza Nuova al posto dei No global) dietro ai Black Bloc «con l'intento di alleggerire la posizione di difficoltà dell'opposizione offrendole argomenti in grado di accrescerne il potere contrattuale nei confronti del governo, costringendolo a mediare sulle decisioni che investono i vertici di polizia e dei servizi di sicurezza».
L'appunto, fondato sul nulla, è della fine di agosto del 2001. Il 27 settembre Berlusconi decapita i servizi: al Sismi esce Battelli ed entra Pollari, con Pompa al seguito.
La vicenda sopra riassunta è evidentemente logicamente collegata e successiva ad un altro scandalo che negli ultimi anni ha sporcato la nostra penisola: i rapporti illeciti fra la sicurezza Telecom e ancora una volta i nostri servizi segreti militari.
Lo scandalo Telecom-Sismi, relativo alle intercettazioni illegali effettuate da alcuni responsabili di Telecom Italia, è scoppiato nel settembre 2006, con gli arresti di vari dipendenti di Telecom, di poliziotti e di militari dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.
Tra gli arrestati, Marco Mancini (arrestato anche in relazione al sequestro di Abu Omar), ex numero due del Sismi, Giuliano Tavaroli, ex manager di Telecom, ed Emanuele Cipriani, investigatore (quest'ultimo parrebbe implicato anche nella vicenda dello scandalo Laziogate).
Cipriani avrebbe costruito illecitamente per conto di Tavaroli, all'epoca a capo della security di Telecom e di Pirelli, trenta dossier su varie personalità politiche, economiche e dello spettacolo, oltre che giudici e giornalisti. Anche Mancini avrebbe fornito a Tavaroli numerose informazioni riservate (su conti correnti, informazioni penali, dati anagrafici, ecc.) dietro pagamento di forti somme di denaro.
Nel gennaio e nel marzo 2007 altri provvedimenti di arresto hanno colpito varie persone coinvolte nella vicenda, tra cui Fabio Ghioni e il suo Tiger team, di Telecom, e nuovamente Giuliano Tavaroli (attualmente agli arresti domiciliari) e Mancini. Tra gli arresti del marzo 2007 rientrano anche ex poliziotti ed un ex agente della CIA.
I vari capi di imputazione comprendono i reati di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di pubblici ufficiali, rivelazione del segreto d'ufficio, appropriazione indebita, falso, favoreggiamento e riciclaggio.
Si comprende che all'ombra della più grande azienda italiana, la Telecom, è cresciuta per anni una centrale di spionaggio illegale che non ha precedenti nella storia del nostro Paese. Giuliano Tavaroli aveva ai suoi ordini un esercito aziendale di 500 dipendenti, ma soprattutto era al centro di un network fuorilegge che secondo i magistrati formava “una vera e propria ragnatela parallela” in grado di usare “tutti i mezzi concretamente esistenti sul mercato” per raccogliere “qualsiasi tipo di informazione”, violando “i principi costituzionali fondanti di questo Paese”. Gli spiati sono soprattutto imprenditori e finanzieri (Benetton, De Benedetti, Della Valle, Geronzi, Tanzi), ma i files illegali sono più di centomila. Lo spionaggio avveniva attraverso la sicurezza Telecom, le agenzie d'investigazione privata di Emanuele Cipriani, longa manus di Tavaroli, le intercettazioni abusive, l'uso dei tabulati telefonici, l'abuso sulle intercettazioni legali della magistratura, che fino a qualche tempo fa avvenivano attraverso il “Centro nazionale autorità giudiziaria” controllato proprio da Tavaroli. In più, con la corruzione si compravano notizie riservate sulle banche dati del ministero degli Interni, dell'Economia, della Giustizia, “nonché informazioni e atti svolti da agenti e pubblici ufficiali dei servizi segreti italiani e stranieri”. Una colossale banca privata - e ovviamente fuorilegge - di informazioni riservate e illegali, coltivata e nascosta nel cuore della modernità d'impresa, tra i telefonini e le fibre ottiche. Con un legame diretto con il Sismi non soltanto sul terreno operativo, ma anche nel vertice, visto che l'ordinanza del Gip parla di “rapporti pericolosi” con i servizi segreti e in particolare con l'ex numero due del Sismi Marco Mancini, fino all'istituzione di un canale segretissimo “per le informazioni più delicate e riservate”, sul quale operava proprio Mancini, in connessione con Tavaroli e Cipriani: un terzetto che nell'ordinanza un teste chiave definisce "la banda Bassotti". Questa enorme massa di informazioni illegali e di dati riservati era commissionata “per la stragrande maggioranza” da uomini Telecom e Pirelli “e pagata con denaro di tali società”. Non solo. L'attività di Tavaroli non era soggetta a controllo alcuno “se non a livello di vertici aziendali”. Gli atti criminali avevano “come destinatario, come soggetto interessato” qualcuno “posto al di sopra di Tavaroli”, che le utilizzava “a propri fini”. Superando questi due scandali, come si diceva, estremamente collegati tra loro vale la pena di passare ad un altro avvenimento drammatico per la nostra democrazia, ad un’altra scoperta degli ultimi mesi, anch’essa bastevole se verificata compiutamente dalla Magistratura per gettare seri dubbi quantomeno sulla correttezza della gestione dei servizi segreti da parte del governo che ha preceduto quello di Prodi.
Si badi, in questo lavoro si è scelto di non soffermarsi sulla vicenda Abu Omar che pure coinvolge soggetti istituzionali altamente ricorrenti nello stesso, e cioè il governo Berlusconi, i vertici dei servizi segreti italiani di quegli anni e la CIA. Questa scelta è dovuta al fatto che quest’ultima vicenda, almeno apparentemente, non coinvolge e non menoma la credibilità dei partiti politici che ieri erano all’opposizione. Eppure è bene tenere in mente come, anche in questa occasione, le garanzie costituzionali e i diritti fondamentali violati sono molti.
Detto questo, l’altro evento pericoloso per la democrazia, riferibile al lustro berlusconiano al quale si alludeva è la vicenda che vide protagonista Mario Scaramella.
Il nome del consulente napoletano è purtroppo legato nella notoriamente labile memoria degli italiani solamente all’avvelenamento dell’ex spia russa Litvinenko. Non sono in molti quelli che lo associano ad una vicenda ben più importante per il nostro paese: la costruzione delle false prove che a pochi giorni dalle scorse elezioni politiche avrebbero dovuto svelare all’Italia intera il candidato premier del centro-sinistra come ex membro del famigerato Kgb comunista.
Le frottole di Mario Scaramella non avrebbero fatto molta strada se non avessero potuto far leva sul ruolo istituzionale del Senatore forzista Paolo Guzzanti, presidente della commissione d'inchiesta; sul prestigio dell'ex procuratore di Napoli, Agostino Cordova; sul silenzio del Sismi che, allarmato dai Servizi inglesi, pur sapendo quale macchinazione combinava a Londra Scaramella, ha taciuto.
Nella conversazione telefonica del 28 gennaio 2006 con Mario Scaramella, pubblicata su Repubblica del 1 dicembre 2006 si vede come Paolo Guzzanti sollecitasse, con modi anche bruschi, il suo consulente a trovargli almeno le “prove” che Prodi fosse “coltivato dal Kgb”, utilizzando la testimonianza dell'ex colonnello del Kgb, riparato in Inghilterra, Oleg Gordievskij. Nonostante Scaramella ammetta che Gordievskij non può dir nulla del fantomatico agente “perché non è accaduto”, perché non è vero. Allora Paolo Guzzanti – continuano le intercettazioni – consiglia al suo cacciatore di fango di metterla giù così: “In quella cosa si dice, [Prodi è] il nostro uomo?. E quello dice: Yes!. Punto e basta. Non voglio sapere altro”. Tre giorni prima, il 25 gennaio 2006 – come si legge nell’intercettazione pubblicata su Repubblica del 6 dicembre 2006 – Scaramella spiega con chiarezza a Perry, un misterioso amico californiano, il progetto e, soprattutto, svela che il “dirty job” gli procurerà, come promette Berlusconi, un prestigioso incarico internazionale, dal quale - Scaramella rassicura Perry - potrà ancora aiutare “l'organizzazione”. Quale organizzazione? Non si sa.
Inoltre il 26 gennaio, alle ore 19.23 e 49 secondi, Scaramella si accorda con Agostino Cordova su come cucinare, secondo canoni formali accettabili, uno scandalo prima politico, e poi penale. I due discutono per dieci minuti e 11 secondi. Come si leggerà nell'intercettazione, appare sufficientemente chiaro che entrambi sono consapevoli di due circostanze. Primo: Gordievskij non sa nulla di Prodi e quel che gli metteranno in bocca non sembra attendibile, ma sarà utile soltanto a un processo politico. Secondo: i due danno per scontato che Berlusconi protegga la loro iniziativa, al punto da poter tenere sotto controllo l'intelligence politico-militare, il Sismi, in difficoltà con i “cugini” inglesi che appaiono molto infastiditi dalle manovre provocatorie di Scaramella. Fingendo di non conoscere nomi e autorità, le tre vicende appena delineate potrebbero costituire tre validi copioni per un film con G. Hackman e J. Travolta ben adattati al panorama italiano e, allo stesso modo, nessuno si meraviglierebbe di leggerle come trama dei più classici gialli. E invece, purtroppo, questi tre scandali venuti alla luce negli ultimi mesi rappresentano la situazione politico-istituzionale del nostro Paese nel terzo millennio.
In questo lavoro ci si è ben guardati dall’ esprimere comparazioni e giudizi di valore proprio perché tutte e tre le vicende sopra riassunte paiono estremamente gravi.
E’ oggettivamente possibile però, ravvisare nelle stesse tre costanti: il coinvolgimento diretto o indiretto del SISMI, la collocazione temporale nel lustro del governo Berlusconi, ed anche, ed è proprio questo che qui si vuol mettere in evidenza, lo scarso risalto dato dall’opinione pubblica e dalla politica in generale alle stesse.
Alla terza vicenda di quelle qui ricordate Romano Prodi, diretto interessato, per esempio, reagisce – come si legge su Il Sole 24 ore del 1 dicembre 2006 – con un comunicato diffuso dall'ufficio stampa di Palazzo Chigi in cui si afferma che «il presidente del Consiglio Romano Prodi ha dato incarico ai suoi legali di procedere contro gli autori di dichiarazioni e di atti lesivi della sua dignità di cittadino e di rappresentante delle istituzioni in relazione al cosiddetto caso Mitrokhin».
Cinque mesi più tardi invece, la frase con cui il comico Andrea Rivera, sul palco del concerto in occasione della festa dei lavoratori, esprimeva una propria opinione sul rifiuto della Chiesa di concedere i funerali a Welby, è stata seguita da durissime critiche da parte fra i tanti del leader di An Gianfranco Fini, del deputato dell'Udc Carlo Giovanardi, del coordinatore nazionale di Forza Italia Sandro Bondi, di Cgil, Cisl e Uil e del direttore di Raitre Paolo Ruffini fino a venire paragonata ad un gesto di «terrorismo» dall’ Osservatore Romano. Tanto da rendere necessario un pronto intervento di Prodi che ha spiegato: «ormai sono mesi e mesi che si stanno continuamente alzando i toni e credo che di questo il Paese non abbia bisogno. Abbiamo bisogno di serenità e questo è l’unico messaggio che va a tutti. Gli scriteriati ci sono sempre, ci sono sempre persone che usano linguaggi al di sopra delle righe - aggiunge Prodi -. Chi ha più buonsenso lo usi, diceva sempre mia madre: cerchiamo di usarlo». Si vuol dire cioè che da tempo si alzano i toni, si montano le polemiche per questioni di poco conto, mentre non lo si è fatto per le tre vicende sopra ricordate, o lo si è fatto al pari di tante altre.
C’è da chiedersi se è possibile che in una Repubblica Democratica coi capelli bianchi vicende gravissime come quelle csm-sismi, sismi-telecom e Scaramella-Mitrokhin, abbiano, nei tg e nei giornali, lo stesso peso di una sterile polemica tra Sircana e Bonaiuti, se siano veramente collocabili tra la notizia di un incidente stradale e quella del salvataggio di una tartaruga Caretta caretta in Sicilia.
Data l’estrema gravità, per l’esistenza di una sana democrazia, dei meccanismi emersi nella scoperta degli scandali rammentati, il fatto che ciò effettivamente accada può significare o che sono davvero in pochi ad aver capito la gravità della situazione, e fra questi gli organi di informazione non ci sono, o che della stessa ne erano a conoscenza e quindi se ne giovavano molte più persone, molte più autorità di quelle emerse nelle intercettazioni.